Àrhat Teatro

Quattro miti intrecciati per raccontare il diluvio universale

Il mito del diluvio raccontato in quattro versioni di altrettante culture.

È questa la materia di "Ararat", lo spettacolo che segna il debutto di Arhat Teatro...

Lo spettacolo non si ferma a questo.

La memoria ancestrale della catastrofe, da cui scaturisce una sorta di seconda creazione della specie umana, è calata in una partitura fisica di forte intensità, e ambientata nel chiuso di uno spazio a pianta centrale, una sorta di protettiva stiva dell’Arca di Noè.

"Ararat" è "l’a solo" di Samuele Farina, il giovane attore che poco meno di due anni fa ha dato vita ad Àrhat insieme al regista PierLuigi Castelli.

La partitura testuale – è il caso di usare un termine mutuato dalla musica, perché il testo viene modulato, non semplicemente recitato – fonde miti di provenienza diversa.

C’è la storia di Deucalione e Pirra narrata nelle Metamorfosi da Ovidio, a cui Giove accorda la possibilità di far rinascere una nuova stirpe di uomini.

C’è la vicenda di Utnapishtim, antenato di Gilgamesh nell’omonima epopea numerica, frutto della rielaborazione di un patrimonio risalente al terzo millennio prima di Cristo.

C’è un mito degli indiani d’America Pawnee, di analogo contenuto.

E c’è la storia biblica di Noè.

Questa vasto materiale prende corpo nella persona dell’attore, che intreccia i testi in uno spartito fisico esplosivo, in cui momenti di pura espressione corporea si alternano a momenti di quiete.

I primi corrispondono alla dimensione rituale dei miti del diluvio, i secondi alla narrazione delle storie raccontate.

Prevalente, alla fine, è la concezione ciclica del mondo, e la coscienza della costitutiva fragilità della razza umana.

Questo spettacolo di forte impegno, racchiuso in uno spazio velato di teli e animato da pochi punti luce, attrae per il rigore concettuale e per la sua scansione spaziale e temporale.

Pier Giorgio Nosari - Eco di Bergamo - 02/04/2006


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